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05 Marzo 2015
Bari, Jean-François Gillet: lettera al Capitano che fu

Bari, 04/03/2015

Caro Jean François Gillet, un tempo avrei e avremmo tutti potuto aprire questa lettera, che altro non è che una riflessione più o meno imparziale, con la formula ‘Caro Capitano, …’ ma dal giorno in cui tu,il Gatto di Liegi, hai vestito per la prima volta la maglia biancorossa, sono cambiate tante cose. E, si sa, quando le cose, o meglio, le storie d’amore cambiano nel calcio, non è propriamente un bene. Diciamo che la tua separazione dalla Bari sembrava qualcosa di fisiologico, dettato dal tempo e dagli anni che avanzano. Trentadue anni, ora ben trentacinque, non sono in effetti pochi per un giocatore, fermo restando che i portieri sono apparsi ‘storicamente’ più longevi dei calciatori di movimento.

Il trasferimento al Bologna suonava perciò alle orecchie di tutti come un dolce addio. 353 presenze…no, rende meglio così: trecentocinquantatré presenze con la stessa maglia, uno dei capitani più affezionati alla propria squadra di appartenenza di tutta la storia del campionato italiano di calcio, Serie A o campionato cadetto che sia. Jean-François era diventato un simbolo in Puglia: avete mai visto un belga parlare barese? Il numero uno del Bari era solito usare il vernacolo della città di San Nicola e durante gli anni ha appreso e assimilato abitudini e modi di vivere e di concepire le cose dei baresi. Jean-François e il Bari erano diventate un tutt’uno. Come una seconda pelle, senza cadere in facile romanticismo: a Jean-François il sindaco Michele Emiliano consegnò addirittura le chiavi della città nel giorno in cui il belga superò Giovanni Loseto, fino a quel momento recordman assoluto di presenze con il Bari e ora, con estrema passione e vivendo di pancia, collaboratore tecnico. Qui scatta subito un interrogativo: Loseto, e con lui tutti i baresi, avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe successo alla fine di quella stagione? E Loseto, lui che parlava in dialetto con lo scudiero De Trizio al centro della difesa durante le partite degli anni ’90, avrebbe mai fatto quello che ha fatto Gillet?

Già, perché alla fine del campionato 2010/11 c’è spazio solo per tetri scenari e tanta tanta tristezza. Il Bari retrocede in Serie B e questa non è la cosa peggiore, perché accade ciò di cui si è parlato fin troppo. Il derby con i rivali regionali del Lecce, antitesi naturale di città e squadra baresi per cultura e tradizioni, diventa proscenio di uno spettacolo vergognoso. Ma di quello scandalo e dei loschi figuri attori protagonisti di quella macchia nello sport italiano se n’è parlato fin troppo. E… no, neppure il trasferimento di Gillet al Bologna è la cosa peggiore. La cosa peggiore sta in questo: omessa denuncia. ‘Omessa denuncia’ è una cosa gravissima: significa che tu sai ma non vuoi dire, conosci la verità ma non osi parlare, hai individuato il colpevole o quantomeno hai carpito più di qualcosa ma non intervieni. Vuol dire essere passivi, subire le cose. È un atto di omertà.

353 partite non bastano, non ne sarebbero bastate 1500: tutto ciò non dovrebbe avere a che fare con lo sport. Caro Gillet, puoi benissimo tornare a Bari: ammesso, e mai concesso, che tu abbia davvero ‘donato l’anima’, come hai detto tu a caldo, e non abbia nulla di cui vergognarti. Ma i fischi… no, Jean, i fischi devi accettarli tutti. Tutti, dal primo all’ultimo. A questo punto ti resta solo una domanda da rivolgere a te stesso: è valso davvero la pena strappare dal cuore della gente la tua numero uno?

L'autore
Marco Stile
Marco Stile

Nato a Nocera Inferiore il 10/02/1994, studio Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Salerno. Appassionato di calcio fin da piccolissimo, sono un tifoso sfegatato della Nocerina, ma mi interesso da sempre di tutto il mondo del calcio, in particolare di quello italiano. Il mio sogno è quello di diventare un giornalista sportivo affermato, e Voci di Sport un grande passo in avanti per realizzare la mia aspirazione.

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