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Attualità
03 Agosto 2015
E se il "Coco" espiò?

  La Romagna del divertimento e non solo si è bloccata su una questione intricata e si è divisa tra lo "stare o non stare col Cocoricò". Discoteca di Riccione, dal 1989, il "Cocco" è stato l'apripista di generi ed avanguardie musicali, il florido centro da cui tutti gli osservatori e i seguaci dei cambiamenti sociali potessero attingere. Tale caratteristica di stare sempre al passo coi tempi, lo ha portato a conquistarsi il vertice dell'Olimpo dei club musicali del Belpaese ed ha elevato la sua fama in Europa e nel Mondo. Ma non è della sua celebrazione e della sua spinta innovativa se, oggi, se ne parla così tanto. Anzi, questo probabilmente è la causa dell'essere divenuto, in men che non si dica, il capro espiatorio per una punizione esemplare: in 120 giorni di serrata i ragazzini adolescenti e i cittadini attenti dovrebbero capire che "esagerare con le droghe è un rischio". Senza se e senza ma parto da un presupposto. E' il tempio del divertimento a generare lo sballo drogastico oppure è il tossicodipendente (occasionale o meno) a scegliere la discoteca come luogo in cui dare sfogo alla sua curiosità assuefattiva?

Ah le convinzioni culturali, quelle oscure ed invalidanti formule che impariamo a memoria e che ci ripetiamo nella mente fino a convincerci che tutto debba inserirsi in degli schemi prefissi e nel frattempo ci auto annebbiano la vista mantenendo a riposo la nostra facoltà di pensare. La quantità di droghe che esistono al mondo, di tutte le specie e combinazioni è talmente elevata da non poter permettere all'uomo di catalogarle. Specialmente quelle che si diffondono nelle discoteche, di derivazione perlopiù chimica, e prescelte dai giovani per costi accessibili ed effetti sensazionali. E' un rischio. Un rischio che, sia la capillarità dei mezzi tecnologici che la possibilità di approfondimento delle notizie, non lascia attenuanti. Nemmeno a Sedici anni. Nemmeno nel peggiore dei casi in cui gli agenti di socializzazione primaria e secondaria non abbiano fatto il proprio dovere. Il mondo delle droghe è, dunque, un rischio: per la reazione fisica e personale alla sostanza, per la creazione differente delle combinazioni con altri catinoni e questo sia che sia attivato in casa, al bar, a scuola, sul luogo di lavoro o in un club privato. 

E allora se decidi di rischiare non puoi pensare di essere un automa e che qualcuno sostenga il peso di responsabilità che sono soprattutto tue. Dobbiamo smetterla di viaggiare per stereotipi e di pensare che ci sia un modo uniforme e giusto nel guardare il mondo che ci circonda. I dogmi e gli schemi canonici hanno sempre creato guerre e queste, si sa, non hanno fatto null'altro che incenerire città e regalare vite all'aldilà. E allora per evitare che le preziose vite di chi ha ancora un lungo cammino da percorrere davanti a sé, non restino incastrate in un meccanismo che schiera il proibizionismo ad hoc solo per definire esemplari punizioni fini a sè stesse, dobbiamo cercare di non accontenarci e di guardare in profondità. In primis parlo da ragazza che fa parte della generazione che si sta facendo largo nel presente e si proietta verso un futuro ancora da scrivere. Non dobbiamo preferire che si consacrino dei "templi del male" per estirpare il cancro dello "sballo della notte". Non dobbiamo pensare che centoventi giorni ad un locale qualsiasi, anche se molto noto, possano far passare un messaggio pieno di nessun contenuto. Non dobbiamo pensare che continuare a scaricare la coscienza possa sollevarci da una responsabilità che è un connubio di cose messe insieme.

Il capro espiatorio serve solo a collocare il problema in un angolo della società per farlo poi emergere la prossima volta più forte e radicato di prima. Come giovani ma soprattutto come cittadini dobbiamo rifiutare di accontentarci di un pulsante d'arresto che tenti di calmierare le inquetudini per un breve lasso di tempo a scapito di un'attività commerciale. Come giovani ma soprattutto come cittadini dovremmo preferire delle sanzioni e delle responsabilità anche sociali che potrebbero ricaderci addosso piuttosto che lasciare che la società ci istupidisca.

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L'autore
Prinzessin89
Prinzessin89

Laureata in Comunicazione, Media e Giornalismo e in Scienze Criminologiche per l'investigazione e la sicurezza. Un sogno: vivere d'inchiostro.

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