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22 Febbraio 2015
Giacomo Bonaventura, una straordinaria normalità

Nessuna cresta, nessun tatuaggio, né altri evidenti segni particolari. Solo una faccia pulita, da bravo ragazzo, e tanta voglia di lavorare. Anche il nome è un indizio: Giacomo deriva dall’ebraico “seguace di Dio”. Un ragazzo normale, insomma.
Proprio questa normalità lo rende una straordinaria eccezione all’interno del suo ambito lavorativo. Sì, perché Jack Bonaventura di mestiere fa il calciatore, nel Milan.

Da San Severino Marche a Milano, passando per Bergamo. Da un piccolo paese dell’entroterra marchigiano, in provincia di Macerata, alla città della moda, della vita notturna e del business. Il passaggio non ha trasformato Giacomo, che si è anzi responsabilizzato ancor di più. Sa che questa è la sua occasione, e farà di tutto per non lasciarsela sfuggire.

Quando l’ho visto giocare per la prima volta con la maglia rossonera mi hanno subito piacevolmente sorpreso le sue capacità tattiche, oltre che le evidenti abilità tecniche.
Tuttavia non appena Giacomo è stato inquadrato con un primo piano, ecco che sullo schermo appare Nick Miller, personaggio di una serie tv interpretato da Jake Johnson. I due sono tanto simili esteticamente quanto agli antipodi sul piano caratteriale. In effetti l’associazione mentale, immediata, vive per pochi attimi quando viene meglio focalizzata. Nick è infatti un apatico, nato-stanco, furente, cinico -perciò anche molto divertente- barista; caratteristiche a cui Giacomo contrappone voglia di fare, altruismo calcistico con il quale interpreta ogni partita, generosità atletica che dimostra anche in allenamento, e soprattutto una sorprendente calma con la quale gestisce ogni situazione, dentro e fuori dal campo. Il paragone è completamente infranto dal ricordo delle lacrime di commozione versate al momento della firma del contratto, lacrime che tanto hanno compiaciuto l’acuto a.d. dalla cravatta gialla, Adriano Galliani.

Il condor del mercato rossonero ci ha visto giusto anche stavolta. Bonaventura corre, tira, sembra avere un sesto senso nel comprendere il possibile sviluppo dell’azione (vedi gol al Napoli), ha lampi di genio e di fattore C (vedi gol al Cagliari), che non guasta mai, soprattutto pensando alla stagione travagliata del Milan; contrappone all’eccesso smisurato di molti suoi colleghi un genio regolare di cui a Milanello si sono subito innamorati. Soprattutto Pippo Inzaghi, che stravede per lui. Nel giro di pochi mesi è infatti diventato l’attore fondamentale delle idee tattiche del giovane allenatore, che oramai non può più fare a meno del suo nuovo Jack. Che tu lo metta in campo come mezzala, come ala offensiva o come trequartista, sicuramente Giacomo interpreterà al meglio la partita.

Insomma, Giacomo è il prototipo del bravo ragazzo. Diventa allora facilmente spiegabile l’espressione stupita di Silvio Berlusconi quando i due si sono conosciuti: una stretta di mano e un’osservazione scherzosa che testimonia la sua stima nei confronti di Giacomo, “non hai creste né tatuaggi…e che giocatore sei allora?”. 

Lo stesso Berlusconi è sembrato interessarsi nuovamente al Milan dall'inizio di questa stagione, visitando il campo di allenamento ogni venerdì prima dei match di campionato. Tutta questa partecipazione ha generato diverse occasioni positive (i colloqui personali con i calciatori sulla scia dei migliori life coach, i consigli tattici all'allenatore dall'alto della sua ventennale esperienza), ma anche alcune gaffe di cui il Milan poteva benissimo fare a meno. L'hip-hip-hurrà con cui il presidente ha festeggiato il nuovo anno, nel corso della prima visita del 2015, sembra aver portato solo effetti deleteri nei confronti di un gruppo giovane sempre esposto alle intemperie esterne. La squadra è stata infatti completamente destabilizzata, forse per le dichiarazioni debordanti del presidente, forse - soprattutto - a causa dei ripetuti infortuni che l'hanno colpita nel mese di gennaio. 

Proprio Bonaventura ha accompagnato gli altri 11 (!) compagni infortunati, subendo la lussazione di una spalla. Ora che è recuperato, e con lui anche un buon numero di altri infortunati, per Inzaghi il lavoro potrebbe, relativamente, semplificarsi. In effetti, fa sempre bene avere un Jack nella manica.

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L'autore
Federico Graziani
Federico Graziani

Studio Lettere all'Università degli Studi di Milano. Appassionato di letteratura, mi diletto con la scrittura e talvolta ammicco al giornalismo. Ma soprattutto provo una quantità non indifferente di invidia per chi riesce a scrivere interessanti descrizioni di sé in tre righe.

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